"NON PENSARE A UN FIORE ROSSO!" Ce l'hai fatta? Probabilmente no! Il tuo cervello ci avrà comunque pensato, sebbene la richiesta fosse di fare l'esatto opposto. Ecco, questo è solo un esempio di come, attraverso l'utilizzo delle parole, veniamo -più o meno inconsciamente- condizionati a fare qualcosa. 

Scopri di più su come parlare a se stessi e agli altri per motivarsi e motivare e spingere all'azione!

Il potere delle parole è infinito e stravolgente. Le parole possono essere lo strumento attraverso cui diamo voce ai nostri pensieri, emozioni e giudizi, possono guidare le nostre azioni, i nostri comportamenti e cambiarci la vitaSì, perchè da quando noi esseri umani abbiamo iniziato a parlare, abbiamo sviluppato una doppia modalità di comunicazione: non comunichiamo solo con gli altri, ma possiamo comunicare anche a noi stessi attraverso riflessioni immagini e pensieri. 

 “Le parole hanno il potere di distruggere e di creare” (Buddha)

Come parlare a se stessi? 

 

Le parole negative: una profezia che si auto-avvera

Sicuramente sarà capitato a ognuno di noi, almeno una volta nella vita, di aver dovuto fronteggiare un ostacolo e aver pensato "non ce la posso fare!" oppure "non ci riesco!".

Le profezie che si autoavverano

Ecco, tutte le volte che facciamo questo, stiamo dicendo al nostro cervello che non abbiamo le capacità fisiche e psichiche per superare quella sfida, scatenando così la cosiddetta profezia che si auto-avvera: prefigurarsi mentalmente uno scenario negativo aumenta la possibilità che esso si verifichi realmente; se non siamo convinti di essere in grado di fare qualcosa, probabilmente falliremo nel farlo e, di conseguenza, si rafforzerà ulteriormente la nostra credenza di non essere effettivamente all'altezza di superare gli ostacoli che ci si presentano. Si crea così un circolo vizioso, un loop senza fine di fallimenti, che abbassa sempre più i nostri livelli di autostima e autoefficacia… e aumenta la probabilità di conseguire altri insuccessi futuri.

In tal senso, le Neuroscienze ci sono d’aiuto per comprendere meglio come il cervello reagisce a seconda degli input (le parole) che noi gli forniamo. Le parole, infatti, agiscono su di esso stimolando la secrezione di diversi ormoni. Ad esempio, l'esposizione continua a parole e frasi negative, come la parola "No", stimola il rilascio di cortisolo, l'ormone responsabile dello stress.

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Le parole positive: una spinta all'azione!

Viceversa, l’utilizzo di parole e frasi positive, attivano una reazione neuronale a catena che ci spinge all’azione. In aggiunta, come scoperto da un esperimento condotto presso l’Università Claude Bernard di Lione, l’uso di verbi connessi all’attività fisica (es. vai, fai, attacca, etc.) ci influenza aumentando automaticamente la forza, l’intensità e la grinta nello svolgere un’azione.

La spinta allazione

ATTENZIONE!
Se queste stesse parole vengono utilizzate nella loro forma negativa (es. non andare, non fare, stop, etc.), non sortiscono alcun effetto… anzi, verosimilmente spingono a fare proprio ciò che non si vuole... come ad esempio la richiesta iniziale di non pensare a un fiore rosso!

In altre parole, il nostro cervello non è “programmato” per codificare ed elaborare le negazioni… in quanto sono un concetto astratto: riesci ad immaginare “l’assenza” o il “non”? Ciò vuol dire che, per comprendere una negazione, prima dobbiamo immaginarci la parola che esiste (il fiore rosso), per poi negarla… e tutto questo processo richiede un'elaborazione assai dispendiosa dal punto di vista delle risorse mentali.

Come parlare agli altri?

 

Provate a pensare a un manager che si trova a dover aiutare un suo collaboratore a gestire un’importante operazione con un cliente e chiudere un contratto. Il collaboratore, tuttavia, è poco sicuro di sé e il manager, da buon leader, vuole rassicurarlo per far sì che trovi la sicurezza per affrontare la trattativa.

Che impatto potrebbero avere queste due frasi?

"Non ti preoccupare, non essere nervoso, non pensare negativo! Nulla potrà andare storto!" VS "Va e sta tranquillo! Preparati e focalizzati sull’obiettivo! Son sicuro che ce la fai!"

In entrambi i casi il manager si è mostrato supportivo nei confronti del suo collaboratore. Ad ogni modo, la seconda modalità è quella che lo influenzerà più positivamente. Ciò non vuol dire che sia sufficiente utilizzare frasi/parole positive affinché sia certo al 100% che il collaboratore chiuda il contratto… in ogni caso avrà comunque maggiori probabilità di centrare l’obiettivo. Viceversa, l’uso di parole e frasi contenenti negazioni non causeranno necessariamente il suo insuccesso.

 

Ma allora se anche nella comunicazione interpersonale ruota tutto attorno alle parole, perché quando si parla di comunicazione efficace ci si riferisce anche a quella non verbale e al linguaggio del corpo? 

La comunicazione para-verbale: quando "il modo" fa la differenza!

La comunicazione paraverbale si riferisce ai messaggi che trasmettiamo attraverso il tono, il volume e il ritmo delle nostre voci... in altre parole, non riguarda cosa diciamo, bensì come lo diciamo.

Comunicazione paraverbale

Il professor Mehrabian afferma che il messaggio paraverbale rappresenta circa il 38% di ciò che viene comunicato a qualcuno. Una frase può trasmettere significati completamente diversi a seconda dell'enfasi sulle parole e del tono della voce. Ad esempio, la frase "Non ho detto che eri stupido" ha sei significati diversi, a seconda di quale parola viene enfatizzata.

Tendenzialmente quando siamo arrabbiati o eccitati, il nostro discorso tende a diventare più rapido e più acuto, quando -invece- siamo annoiati o ci sentiamo giù, il nostro discorso tende a rallentare e assumere una qualità monotona; infine, quando ci sentiamo sulla difensiva, il nostro discorso tende a essere brusco.

 

La comunicazione non verbale: attenti al linguaggio del corpo!

Nel suo libro, Silent Messages, il professor Albert Mehrabian afferma che i messaggi che inviamo attraverso la nostra postura, gestualità, espressione facciale e distanza spaziale rappresentano il 55% di ciò che viene percepito e compreso dagli altri.

Universalità delle emozioni

Mai come in questo caso il "non si può non comunicare" trova la sua piena applicazione! Quante volte nonostante avessimo affermato verbalmente una cosa, ci siamo trovati a doverla ribadire nuovamente? Quasi come se il nostro interlocutore avesse dubbi in merito alla veridicità della nostra affermazione. I messaggi non verbali sono il modo principale in cui comunichiamo le emozioni:

  • ESPRESSIONI FACCIALI: il volto è forse il più importante trasportatore di informazioni emotive. Una faccia può accendersi con entusiasmo, energia e approvazione, esprimere confusione o noia e aggrottare le sopracciglia con dispiacere. Gli occhi sono particolarmente espressivi nel telegrafare gioia, tristezza, rabbia o confusione
  • POSTURE E GESTI: le nostre posizioni corporee possono creare una sensazione di calda apertura o di freddo rifiuto. Ad esempio, quando qualcuno ci guarda, seduti tranquillamente con le mani piegate in modo morbido nel grembo, viene creata una sensazione di attesa e interesse. Una postura di braccia incrociate sul petto mostra una sensazione di inflessibilità. L'azione di raccogliere i propri materiali e raggiungere una borsa segnala il desiderio di concludere la conversazione

 

ATTENZIONE!
Non siamo in una puntata di "Lie to me", il nostro compito non è smascherare i bugiardi quindi evitiamo di commettere l'errore di interpretare in maniera univoca e assoluta i segnali! Nonostante siano stati identificati alcuni stili caratteristici della menzogna, correlati a specifiche situazioni relazionali, non esiste alcun modo per affermare con certezza assoluta quando una persona mente.
 

Per concludere...

Le parole influenzano direttamente il nostro cervello e, di conseguenza, orientano i nostri comportamenti -attraverso le parole giuste siamo in grado di "accendere" in noi e negli altri l’"interruttore della volontà”- pertanto è fondamentale prestare più attenzione alle parole che scegliamo di usare ogni giorno! Una comunicazione efficace deve presupporre sempre una coerenza tra verbale, paraverbale e non verbale. Un messaggio incoerente, oltre a essere meno efficace, può creare confusione nel nostro interlocutore o, addirittura, mancanza di fiducia, minando così la possibilità di costruire un buon rapporto di lavoro.  

 

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