Sviluppare il giusto atteggiamento mentale per guardare agli ostacoli come opportunità?

Bella sfida... per fortuna, si tratta di un processo dinamico e allenabile. L'atteggiamento mentale, infatti, non è una caratteristica statica, ma una risorsa che possiamo coltivare per ottenere il massimo dai nostri obiettivi.

E quando si parla del mondo dell'architettura? Lo abbiamo chiesto all'Arch. Fabrizio Cerati… Guarda l’intervista!

1. Architetto, cosa significa avere oggi il giusto mindset?  

Io ho sempre creduto che un mindset positivo propositivo fosse fondamentale per raggiungere i risultati e gli obiettivi. Fondamentalmente, credo che significhi cogliere tutte le opportunità che ci capitano. Il che non vuol dire vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, ma semplicemente avere la capacità di trasformare ogni sfida in un'opportunità, di gestire le situazioni al meglio e, quindi, di trasformare magari delle relazioni un po’ complicate in relazioni positive, evitando di fare questioni puntiglio o di fossilizzarsi su particolari punti di vista. Questo è l’approccio che ho sviluppato in tanti anni e che ho allenato con corsi di formazione perché il mindset non è una cosa con cui si nasce, è una cosa che si può allenare.

E, uno degli aspetti principali, da cui partire, è quello di cominciare a guardare il problema da tanti punti di vista.

Cosa che, grazie alla mia esperienza variegata, riesco a fare in quanto riesco a osservare il singolo problema da tanti punti di vista: estetico, tecnico, amministrativo, finanziario, legale. Ciò mi permette di vari aspetti del problema e di scegliere quelli che sono maggiormente confacenti alla situazione, scartando -invece- quelli che sono di ostacolo. E questo credo sia un po’ la chiave di questo approccio.

2. Quali sono, secondo lei, le principali criticità che impediscono di allenarlo? 

La ringrazio per la domanda, le criticità sono sempre tante e dal mio punto di vista sono, spesso, superabili. Alla fine, gli ostacoli non devono essere visti come barriera insormontabili, ma semplicemente come sfide da raccogliere.

Nello specifico, si tratta di guardare all’ostacolo con tanta oggettività, di testa e non di pancia, facendo una lista dei pro e dei contro.

Diceva un mio professore di matematica al liceo: “se hai un problema comincia a prendergli le misure e vedrai che non è così grande”. Ecco questo è un mantra che mi porto dietro da tanti anni, cominciare a prendere le misure delle cose, che poi è anche la parte iniziale del mio lavoro (fare rilievi), prendere consapevolezza del problema, anzi della situazione. Non mi piace chiamarlo “problema” perché poi viene visto sempre con un'accezione negativa, quando in realtà non è così. Un caro amico ingegnere mi diceva sempre: “se è un problema ha una soluzione”. Quindi in realtà il problema è una cosa positiva perché ha soluzione. “E se non ha una soluzione non è un problema”. Attenzione, non è solo semantica, è proprio un atteggiamento. Anche se la semantica tante volte aiuta a capire le cose e a comprenderle. Anche se ogni tanto credo di non parlare italiano perché le persone non capiscono, anzi non ascoltano. Ascoltare è alla base di tutto, ma la capacità di ascolto credo che si sia ridotta moltissimo... non necessariamente l'ascolto attivo, ma proprio solo la capacità di ascoltare e comprendere ciò che l'interlocutore sta dicendo.

3. Cosa fa concretamente per allenare quotidianamente il giusto mindset? 

Durante un corso, tanti anni fa, una coach ci disse: “la natura ci ha fatto due orecchie e una bocca”. Vuol dire che dobbiamo ascoltare il doppio di quello che parliamo. Ecco io questo ce l’ho scritto con un post it sul monitor del computer e, quando rispondo al telefono, cerco sempre di ascoltare il doppio di quello parlo. Quando abbiamo a che fare con qualcuno che è arrabbiato, sarebbe meglio infilarci una mela in bocca e lasciarlo sfogare. Ciò non vuol dire che quella persona ce l'abbia necessariamente con noi, magari ha solo bisogno di sfogarsi. E, una volta che si è sfogata, ritorniamo a ragionare di testa (e non di pancia) e allora, a quel punto, sì che si può affrontare il discorso.

Purtroppo, però, questo è un approccio difficile perché tante volte manca il tempo, perché il tempo dello sfogo viene visto come un tempo perso per molti, ma -in realtà- non è così, una volta che la persona si è sfogata e ritiene di aver esplicitato tutte le sue criticità, se abbiamo avuto la capacità di ascoltarlo, magari abbiamo anche colto delle sfumature che ci erano sfuggite e quindi a quel punto siamo in grado di aiutarlo maggiormente e meglio.

 

Arch. Fabrizio Cerati

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